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La Comunità Terapeutica Democratica tra cultura, esperienza e apprendimento | #4 Incontro Polifonico
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Nel 2002 la Comunità Terapeutica viene definita come: “un ambiente di vita e di lavoro pianificato in senso terapeutico, che utilizza il valore terapeutico dei processi sociali e gruppali. Esso promuove una convivenza gruppale, egualitaria e democratica in un ambiente mutevole, permissivo, ma sicuro. I problemi emotivi ed interpersonali sono affrontati discutendone apertamente ed i membri possono così costruire relazioni di fiducia” (Haigh, Worral, 2002).
La Comunità Terapeutica Democratica CTD si colloca, nell’ambito di un approccio “democratico” alla malattia mentale, come intervento terapeutico residenziale e non, in cui l’utente può fare un percorso che ha funzione metallizzante e risocializzante, proprio attraverso le esperienze relazionali gruppali. L’obiettivo è proprio quello della riconquista del senso di cittadinanza, dei propri diritti e doveri e di un ruolo attivo nella comunità locale.
Affinché sia possibile un processo di cambiamento terapeutico, la CTD deve rappresentare per il paziente uno spazio fisico e mentale protetto dove poter portare e condividere con gli altri il proprio dolore e disagio, dove potersi mettere alla prova e sperimentare relazioni di fiducia, accoglienti e paritarie, ma anche dove poter costruire il proprio percorso di assunzione di responsabilità verso sé stesso e la collettività.
Dal punto di vista organizzativo la CTD deve esplicitare il proprio modello di riferimento e avere regole e procedure chiare e soprattutto condivise, frutto di un dialogo democratico fra tutti i componenti della comunità, quali professionisti, operatori, utenti, familiari che pur mantenendo la specificità e le responsabilità legate al pro-prio ruolo, siano in grado di affrontare la comunicazione in maniera aperta e paritaria.
Questi rappresentano solamente alcuni argomenti con cui i protagonisti di questa puntata hanno dialogato e si sono confrontati fra di loro.
La Comunità Terapeutica Democratica CTD si colloca, nell’ambito di un approccio “democratico” alla malattia mentale, come intervento terapeutico residenziale e non, in cui l’utente può fare un percorso che ha funzione metallizzante e risocializzante, proprio attraverso le esperienze relazionali gruppali. L’obiettivo è proprio quello della riconquista del senso di cittadinanza, dei propri diritti e doveri e di un ruolo attivo nella comunità locale.
Affinché sia possibile un processo di cambiamento terapeutico, la CTD deve rappresentare per il paziente uno spazio fisico e mentale protetto dove poter portare e condividere con gli altri il proprio dolore e disagio, dove potersi mettere alla prova e sperimentare relazioni di fiducia, accoglienti e paritarie, ma anche dove poter costruire il proprio percorso di assunzione di responsabilità verso sé stesso e la collettività.
Dal punto di vista organizzativo la CTD deve esplicitare il proprio modello di riferimento e avere regole e procedure chiare e soprattutto condivise, frutto di un dialogo democratico fra tutti i componenti della comunità, quali professionisti, operatori, utenti, familiari che pur mantenendo la specificità e le responsabilità legate al pro-prio ruolo, siano in grado di affrontare la comunicazione in maniera aperta e paritaria.
Questi rappresentano solamente alcuni argomenti con cui i protagonisti di questa puntata hanno dialogato e si sono confrontati fra di loro.