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Ma certo il gioco dei rimandi diventa ancora più pericoloso quando diventa estremamente autoironico come nella sequenza (anche molto lunga) nella casa d'aste in cui il personaggio di Siani fa uno scherzo quasi imbarazzante a quello di Tortora la cui espressione facciale potrebbe riflettono quello di molti spettatori durante il film.

Siamo ovviamente d'accordo sul fatto che la comicità non sia un meccanismo univoco che possa sempre far bene a tutti, tuttavia è la costruzione dell'intero film, con battute troppo meditate, con una comicità sobria, rallentata in tempi comici in un tempo quasi esausto tanto che non sorprende quasi mai perché, intanto, si può già immaginare la fine dello sketch o il risvolto della battuta, per togliere ogni spontaneità che Siani ha avuto certamente in altre sue opere in cui la solida esperienza in diretta il contatto con il pubblico, quindi senza mediazioni, si è fatto sentire di più. A farne le spese sono soprattutto i momenti in tandem Siani/Tortora in cui non si capisce chi sia la spalla dell'altro.

C'è la speranza, sempre frustrata per tutto il film, di essere sorpresi da un balzo, da un affondo comico, magari dall'idea di portare alle estreme conseguenze una situazione potenzialmente esplosiva, come nella sequenza in cui il personaggio di Max Tortora si reca a Parigi per visitare la sua ex fiamma che si è data al poliamore. A interpretarla è Cecilia Dazzi un po' frastornata da un personaggio incastrato in una storia che a un certo punto ha già virato sull'on the road che non è quasi mai una riuscita via di fuga nelle commedie italiane contemporanee.

Potremmo sorvolare sul tono caricaturale della 'comune' francese ritratta in maniera fin troppo stereotipata, se non fosse che il tono fiabesco pervade tutto il film che, però, tratta anche temi sociali e umani importanti, come quella della perdita del lavoro, che - ricordiamolo - è un dramma al pari della solitudine al centro della sceneggiatura, finisce per sminuirne il significato. Togliere alla commedia all'italiana il lato aspro che dà dignità a quello dolce soprattutto quando contribuisce a smantellare l'apparente felicità della nostra società.