Che cos’è il populismo e quale è il suo rapporto con la democrazia?

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Partiamo da una domanda fondamentale: che cosa sono i populismi? Per provare a rispondere a tale domanda, ci siamo rivolti a Nadia Urbinati, docente di scienze politiche presso la Columbia University di New York e autorevole studiosa del fenomeno. In questo video introduttivo, Nadia Urbinati spiega cos’è il populismo, quale è il suo rapporto con la democrazia e in che modo esso minaccia di trasformarne la sostanza.
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Grazie, una bella esposizione. La questione di Trump e la vicenda del presunto tentativo di golpe la ritengo più complessa e andrebbe letta in un modo più ampio. Grazie ancora.

stefano
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Consultando l'archivio storico di Repubblica si può constatare che, tra l'inizio del 1984 e la fine del 2000, le seguenti parole - Populismo, populista o populisti - sono state utilizzate 2.291 volte. Mediamente erano presenti in 3 articoli alla settimana (stima nasometrica). Ciò significa che prima della codificazione del loro significato da parte degli studiosi riuniti a Firenze e, in particolare, da Mény e Surel, queste parole (populismo, populista, populisti) erano ampiamente utilizzate da: giornalisti, commentatori e politici. E' interessante notare che solo episodicamente esse erano riferite agli intellettuali russi di metà Ottocento, al People's Party o ai movimenti di emancipazione delle popolazioni colonizzate. Il loro uso era riservato a personaggi e movimenti politici eterogenei: in Polonia a Lech Walesa, al Movimento per la Repubblica dell'ex primo ministro Jan Olszewski, all'Unione Cristiano-nazionale di Stefan Niesiolowski e al partito della Confederazione per la Polonia indipendente; In Italia, alla Lega Nord di Bossi e Miglio, a Berlusconi ed al suo movimento politico, ad Alessandra Mussolini ; In Sovacchia a Vladimír Mečiar leader del Partito Popolare - Movimento per una Slovacchia Democratica e a Peter Weiss - leader dei comunisti riformati; In Francia a Jean Marie Le Pen a Philippe de Villiers e a Bernard Tapie; in Grecia a Miltiades Evert, capo del partito nazionalista Nuova Democrazia e Dimitris Tzovolas e all'ex ministro delle Finanze ed ex Pasok del raggruppamento Dikki; In Austria a Jörg Haider - Fondatore della BZÖ (Alleanza per il Futuro dell'Austria), poi leader del partito conservatore FPÖ (Partito della Libertà Austriaco). E' lecito porsi una domanda: -«cosa accomunava persone e movimenti politici così diversi?». Perché, invece di definirli "genericamente" populisti, non li si è indicati, semplicemente, come: nazionalisti, xenofobi, qualunquisti, comunisti, fascisti, oligarchi, euroscettici o fondamentalisti, in modo da distinguerli tra loro? A ben vedere, l'unica cosa che accomunava i "movimenti populisti" era il fatto di essere "nuovi" (costituiti da poco) e "antagonisti" rispetto ai partiti tradizionali (conservatori e riformisti che fossero).
I mezzi di informazione, prima dei politologi, avevano quindi deciso di alterare il significato originario delle parole - "populismo" e "populista" - al fine di accomunare impropriamente tutte le formazioni politiche e i leader "antagonisti". Ora, tutto mi sarei aspettato dagli studiosi di politica fuorché ciò che è accaduto. Piuttosto che denunciare la polisemia, l'ambiguità e l'improprio uso di termini gratuitamente denigratori, sono andati in soccorso dei mistificatori (i mezzi d'informazione) aiutandoli a contestualizzare concetti (populismo, polulisti, populista) che finivano per assumerne così tanti significati da non risultare di alcuna utilità pratica, ad eccezione di quella di identificare un nemico da additare ai lettori, inducendolo a ritenere che il "populista" di cui si parlava sommasse ai propri difetti quelli di tutti gli altri populisti.
Da questo punto di vista, trovo la lezione della professoressa Urbinati (che stimo molto) un po' deludente. Rimango perplesso anche relativamente alle considerazioni svolte in relazione al pericolo che il populismo rappresenti per la democrazia costituzionale. Faccio degli esempi, con riferimento ai quali, a mio avviso, i partiti tradizionali e i presidenti della Repubblica italiana hanno preteso di rappresentare il "popolo". Chi ha deciso per gli italiani, di accettare le regole neoliberiste del Patto di stabilità e crescita?
Per quale motivo un governo di tecnici ha deciso di introdurre nella costituzione il pareggio di bilancio e come mai, nonostante il quorum sufficiente, non si è chiesto ai cittadini di pronunciarsi in merito? Perché un presidente della Repubblica ha nominato dei saggi per modificare la Costituzione italiana? Per quale motivo la riforma della Costituzione è stata discussa nelle segrete stanze del Nazareno, tra pochi intimi, e non nelle aule parlamentari?
A proposito di "maggioritarismo", non sono stati i partiti tradizionali a votare leggi con premi di maggioranza incostituzionali (con la Lega), abnormi (italicum) o che hanno privato i cittadini della scelta dei loro rappresentanti (Rosatellum, anche questo con la Lega)?
Perché, un altro presidente della Repubblica, ha rifiutato nominare a ministro dell'economia (Savona) chi era stato indicato dal premier incaricato (Conte), dietro le sollecitazioni delle cancellerie europee?

Insomma, la Costituzione italiana non sembra essere minacciata soltanto dai populisti a meno che non si concluda che tutti i partiti e i vertici delle istituzioni, del passato e del presente, lo siano.

Gmq