Emanuele Severino: Che significa morire? La morte e la terra, La filosofia e l'eternità dell'essere

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© Emanuele Severino / RSI Rete Due, Laser, Intervista a Emanuele Severino a cura di Antonio Ria / 2012

Argomenti: La morte e la terra. «Per quanto grandi siano le speranze e le supposizioni umane» scrive Emanuele Severino sulla soglia di questo suo nuovo libro «esse si accontentano di poco, rispetto a ciò da cui l'uomo è atteso dopo la morte e a cui è necessario che egli pervenga». Nel proseguire, con mirabile rigore speculativo, quel percorso filosofico che dalla La struttura originaria a Essenza del nichilismo, dal Destino della necessità, attraverso La Gloria, è approdato a Oltrepassare, Severino procede qui risolvendo un problema decisivo, lasciato ancora aperto: se «la terra isolata dal destino è oltrepassata dalla terra che salva e dalla Gloria», nondimeno su «questa nostra vita – si potrebbe dire – incombe la morte, e continuamente vi irrompe». Sorge quindi un interrogativo ineludibile: «L'attesa della terra che salva continua anche dopo la morte (e che cosa appare in questo prolungarsi dell'attesa? Sonno. Sogni. Incubi?), oppure con la morte ha compimento anche l'attesa?». Sono i «temi» più antichi ed essenziali dell'uomo – il cristianesimo li chiama i «novissimi» (l'Èschaton, l'Apocalisse) –, che però Severino sviluppa in una dimensione radicalmente diversa da quella in cui si sono costituiti, poiché in lui ogni «tema» si presenta come lo sviluppo della struttura originaria del destino della verità. Nell'architettura del grandioso edificio teoretico che il filosofo è andato solitariamente costruendo nel corso degli anni, La morte e la terra appare dunque un vertice dal quale lo sguardo si spinge oltre ogni confine, giacché Severino non teme di consegnare risposte definitive: «Avvicinarsi alla morte è avvicinarsi all'Immenso della terra che salva e della Gioia».

Emanuele Severino è stato un filosofo, accademico e compositore italiano. Si laurea all'Università degli Studi di Pavia nel 1950, come alunno dell'Almo Collegio Borromeo, discutendo una tesi su Heidegger e la metafisica, sotto la supervisione di Gustavo Bontadini. L'anno successivo ottiene la libera docenza in Filosofia teoretica. Dal 1954 al 1969 insegna Filosofia teoretica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. I libri pubblicati in quegli anni entrano in forte conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, suscitando vivaci discussioni all'interno dell'Università Cattolica e nella Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio). Dopo un lungo e accurato esame (condotto da Cornelio Fabro) la Chiesa proclama ufficialmente nel 1969 l'insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il Cristianesimo. Dal 1970 è stato professore ordinario di Filosofia teoretica, ha diretto l'Istituto di filosofia (Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali) fino al 1989 e ha insegnato anche Logica, Storia della filosofia moderna e contemporanea e Sociologia. Per Severino, tutte le filosofie costituitesi precedentemente sono caratterizzate da un errore di fondo: la fede nel senso greco del divenire. Sin dagli antichi greci, infatti, un ente (ovvero un qualcosa che è) viene considerato come proveniente dal nulla, dotato temporaneamente di esistenza e successivamente ritornante nel nulla. Severino, riflettendo sull'opposizione assoluta tra essere e non-essere, dato che tra i due termini non vi è nulla in comune, ritiene evidente che l'essere non può non rimanere costantemente uguale a se stesso, evitando di rimanere alterato dall'altro da sé. Anzi, essendo l'essere la totalità di ciò che esiste, non può esserci altro al di fuori di esso dotato di esistenza (Severino rifiuta, quindi, il concetto di differenza ontologica così come è stato avanzato da Heidegger). Per Severino, quindi, tutta la storia della filosofia occidentale è basata sull'errata convinzione che l'essere possa diventare un nulla, sebbene alcuni filosofi, come Arthur Schopenhauer, abbiano tentato di negare tale assunto. L'essere e la struttura originaria. Due sono i testi fondamentali a riguardo: La struttura originaria (1958) ed Essenza del nichilismo (1972). Per Severino l'essere è l'immediato ovvero l'esperienza mentre gli enti sono i significati (= cose significanti = significare delle cose). Ne La struttura originaria si legge: "Il termine «essere» indica una sintesi - che dovrà essere accuratamente esaminata - tra il significato «essere» (essere formale) e i significati costituiti dalle determinazioni che, appunto, sono. O col termine «essere» si intende una complessità o concretezza semantica i cui momenti astratti sono l'essere formale e le determinazioni, inizio di questa formalità". L'eternità di tutti gli essenti. L'ente è, letteralmente, "ciò che è": per Severino (che lo denomina più frequentemente essente) è "tutto ciò che non è nulla".
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Комментарии
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Gli scritti di Severino sono proprio di Emanuele Severino perchè le amenità che ci mette non sono sottoscrivibili da altri.
Se La Gloria si pensa come un libro scritto in seguito al dolore per la perdita della moglie, allora Severino avrà tutta la comprensione umana che merita.
Se La Gloria lo si vuole ritenere uno scritto di Filosofia, allora è meglio darsi all'ippica.

primulerossa
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Molto interessante. Di che anno è l’intervista?

DanieleDallorto