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ISO 9001: chi è il vero responsabile della qualità
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Rispondi a questa domanda: chi è il vero responsabile della Qualità?
Tra un attimo vedremo se hai risposto bene.
Ciao, sono Nunzio Morrone, fondatore e General Manager della Dimitto Certification Services.
La parola Qualità è sulla bocca di tutti.
Chiunque promette di offrire un prodotto o un servizio di qualità.
E tutti lo possono dire senza il rischio di essere smentiti al momento.
Però c’è una cosa che fa la differenza e che quindi consente di poter dire, con cognizione di causa, che un prodotto o un servizio è davvero di qualità.
Questa cosa è composta da due parole: Modello organizzativo.
Dipende tutto da questo.
Ed allora, se il nodo del problema è il modello organizzativo, ecco che il vero responsabile della Qualità è ogni persona, ogni membro dell’azienda. A cominciare dal vertice, finendo all’ultimo assunto.
Ora, è vero che la norma ISO 9001 individua una persona specifica è che questa figura si chiama proprio responsabile della Qualità.
Ma è anche vero che non stiamo parlando di una osservanza delle regole fine a se stessa. Altrimenti cadremmo in quell’inganno che vede le norme ISO soltanto come grigia burocrazia. Mentre a noi interessa il bene dell’azienda, il suo funzionamento.
Quindi, se da un lato esiste una figura specifica, dall’altro ognuno deve svolgere la sua parte, ma sempre nell’ottica del buon funzionamento del modello organizzativo.
Perché da questo dipende la riuscita di tante cose. La più importante è la soddisfazione del cliente.
E anche sulla parola cliente bisogna chiarire un equivoco secondo cui il cliente è solo il soggetto che chiude la transazione economica.
Non è così.
I clienti possono essere esterni, e quindi ci riferiamo a chi acquista un nostro prodotto o un nostro servizio.
Ma esistono dei clienti che in genere non vengono considerati e questo è un male, perché sono quelli da cui dipende il funzionamento della macchina organizzativa.
Parlo dei clienti interni. Un cliente interno, ad esempio, è il nostro collega di stanza. Un cliente interno è il mio superiore o il proprietario dell’impresa.
Però attenzione: è vero anche il contrario: i clienti dei capi sono i loro sottoposti, quindi non possono pensare di non metterli al centro, di non valorizzarli, di non rimuovere gli ostacoli che limitano il lavoro. Perché questo minerebbe la leadership e sappiamo bene quanto le norme ISO insistano anche su questo aspetto.
Non lo fanno per aggiungere regole su regole, ma perché il buon funzionamento di una organizzazione o di una impresa, dipende in larga misura da chi la dirige.
Qui entra in campo un altro elemento importante delle norme, e cioè la trasformazione. Trasformazione intesa come miglioramento continuo.
Ovvio che parole come trasformazione e miglioramento non hanno nulla a che fare col concetto di grigia burocrazia. Sono invece in stretta relazione col concetto di colore.
Chi mi conosce sa che uso sempre l’espressione buon senso multicolor e che mi piace sfatare un altro pregiudizio, quello che pesa sul colore viola. Per molti è il colore della sfiga. Invece è il colore delle spiritualità e della trasformazione.
Oggi parliamo molto di trasformazione aziendale, però va detta una cosa: bisogna essere un po’ spirituali per ambire a migliorarsi continuamente e a condurre un gioco infinito. È una spinta del genere, deve arrivare per forza dall’alta direzione.
Se vuoi che la tua impresa cresca e si sviluppi iscriviti a questo canale ed attiva le notifiche per restare sempre aggiornato sui prossimi contenuti.
Al prossimo video!
#Dimitto #CertificationServices #iso9001
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E tutti lo possono dire senza il rischio di essere smentiti al momento.
Però c’è una cosa che fa la differenza e che quindi consente di poter dire, con cognizione di causa, che un prodotto o un servizio è davvero di qualità.
Questa cosa è composta da due parole: Modello organizzativo.
Dipende tutto da questo.
Ed allora, se il nodo del problema è il modello organizzativo, ecco che il vero responsabile della Qualità è ogni persona, ogni membro dell’azienda. A cominciare dal vertice, finendo all’ultimo assunto.
Ora, è vero che la norma ISO 9001 individua una persona specifica è che questa figura si chiama proprio responsabile della Qualità.
Ma è anche vero che non stiamo parlando di una osservanza delle regole fine a se stessa. Altrimenti cadremmo in quell’inganno che vede le norme ISO soltanto come grigia burocrazia. Mentre a noi interessa il bene dell’azienda, il suo funzionamento.
Quindi, se da un lato esiste una figura specifica, dall’altro ognuno deve svolgere la sua parte, ma sempre nell’ottica del buon funzionamento del modello organizzativo.
Perché da questo dipende la riuscita di tante cose. La più importante è la soddisfazione del cliente.
E anche sulla parola cliente bisogna chiarire un equivoco secondo cui il cliente è solo il soggetto che chiude la transazione economica.
Non è così.
I clienti possono essere esterni, e quindi ci riferiamo a chi acquista un nostro prodotto o un nostro servizio.
Ma esistono dei clienti che in genere non vengono considerati e questo è un male, perché sono quelli da cui dipende il funzionamento della macchina organizzativa.
Parlo dei clienti interni. Un cliente interno, ad esempio, è il nostro collega di stanza. Un cliente interno è il mio superiore o il proprietario dell’impresa.
Però attenzione: è vero anche il contrario: i clienti dei capi sono i loro sottoposti, quindi non possono pensare di non metterli al centro, di non valorizzarli, di non rimuovere gli ostacoli che limitano il lavoro. Perché questo minerebbe la leadership e sappiamo bene quanto le norme ISO insistano anche su questo aspetto.
Non lo fanno per aggiungere regole su regole, ma perché il buon funzionamento di una organizzazione o di una impresa, dipende in larga misura da chi la dirige.
Qui entra in campo un altro elemento importante delle norme, e cioè la trasformazione. Trasformazione intesa come miglioramento continuo.
Ovvio che parole come trasformazione e miglioramento non hanno nulla a che fare col concetto di grigia burocrazia. Sono invece in stretta relazione col concetto di colore.
Chi mi conosce sa che uso sempre l’espressione buon senso multicolor e che mi piace sfatare un altro pregiudizio, quello che pesa sul colore viola. Per molti è il colore della sfiga. Invece è il colore delle spiritualità e della trasformazione.
Oggi parliamo molto di trasformazione aziendale, però va detta una cosa: bisogna essere un po’ spirituali per ambire a migliorarsi continuamente e a condurre un gioco infinito. È una spinta del genere, deve arrivare per forza dall’alta direzione.
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