ANDY WARHOL 'EL ARTE MECANICA

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Solo immagini nel nostro video per la mostra su il padre della ' pop art' al Museo Picasso a Malaga sino al prossimo 16 settembre . Una scelta voluta perchè si e' scritto e detto tutto su questo personaggio . Noi aggiungiamo solo alcuni dati biografici .
Andrew Warhola nasce a Pittsburgh nel 1928 da genitori slovacchi. Il suo grande talento si manifesta fin dall’infanzia e si affina durante gli studi come grafico pubblicitario al Carnegie Institute of Technology.
Dopo la laurea si sposta a New York, la capitale del successo e della moda dove comincia a lavorare come vetrinista per le boutique ed a collaborare con importanti riviste di moda quali Vogue.
L’aspetto singolare del giovane artista gli vale ben presto l’epiteto di “straccione”; egli stesso si definisce “ugly”, bruttino e per occultare alcuni difetti utilizza una parrucca bianca che più che nascondere sembra voler accentuare provocatoriamente il senso di straniamento legato alla sua figura.
Campbell's soup
Del 1968 è una delle sue opere più famose e riprodotte, la zuppa Campbell’s. Un suo assistente dichiaro'che Warhol era ossessionato da queste scatolette nel supermercato e dall' aspetto seriale sugli scaffali. L’artista penso' bene di mettere su tela una scatoletta della sua zuppa preferita, il suo pasto quotidiano per ben vent’anni.
Proprio in questo sta l’intuizione di Warhol, che si richiama fortemente ai presupposti del Dada e in particolare a Marcel Duchamp: trasformare in icona qualcosa di banale e scontato, reperibile in qualsiasi supermercato o cucina americana, immediatamente riconoscibile da chiunque; portare l’arte al livello del consumatore medio, fondando così la pop art da popular cioè arte popolare, alla portata di tutti. La sua operazione artistica coinvolge non solo oggetti di uso quotidiano, i marchi più noti come la Coca Cola, la Kellog’s, il detersivo Brillo ma tocca anche le grandi celebrità da Liz Taylor a Marylin Monroe arrivando persino a immortalare il presidente Mao.
"Andy voleva meccanizzare il suo lavoro" scrive Gerard Malanga assistente dell'artista
Warhol ha scritto:"Mentre guardi alla tv la pubblicità della CocaCola, sai che anche il Presidente beve CocaCola, Liz Taylor beve CocaCola e anche tu puoi berla ..... Tutte le Coche sono uguali e tutte le Coche sono buone: Liz Taylor lo sa, lo sa il Presidente , lo sa il barbone e lo sai anche tu": così per la sua opera tutti , in teoria , possono fruirne.

Factory
Ecco alcuni aneddoti particolari, legati ad alcune opere: potremmo parlare ad esempio della serie denominata Shot Marylin . Poco dopo la conclusione della lavorazione di queste tele un’amica dell’artista si recò alla Factory, l’edificio in cui Andy si dedicava alle proprie sperimentazioni insieme ad altri giovani artisti. Ella gli chiese se poteva “fare fuoco” utilizzando il verbo to shot, che significa sia fotografare sia sparare.
Il risultato fu un bel foro esattamente al centro della fronte di ciascuna Marylin. Invece di gettare le tele rovinate da questo gesto incomprensibile Warhol decise di restaurarle e ribattezzarle. Alla Factory è legato un altro episodio : il 3 giugno 1968 Valerie Solanas, nota femminista e comparsa in un film girato da Warhol, penetrò nella Factory armata di pistola e attentò alla vita dell’artista, sparandogli tre colpi all’addome e mandandolo in coma per un mese.
Un’esperienza che accentuò nell’artista la già evidente ossessione morbosa per la morte.Lo testimoniano opere come Disasters, una serie dedicata agli incidenti automobilistici e in un’opera intitolata 12 sedie elettriche.
Immagine macabra a colori, il compendio di quelle che sono le caratteristiche proprie della cultura americana: la brutalità, che si trova anche nello spirito di iniziativa e competizione e la serialità della società di massa. Ma forse è anche un tentativo, tra gli altri, di esorcizzare la morte, giocando provocatoriamente con essa.

Tecniche di Warhol
Parliamo tra alcune sue tecniche della piss painting, cioè, letteralmente, la pittura con l’urina, utilizzata come un reagente chimico su superfici debitamente preparate per creare del tutto casualmente forme e sfumature cromatiche differenti, tecnica in chiara polemica con il dripping di Jackson Pollock. All'inizio l'artista uso' la sua urina, in seguito chiese a suoi collaboratori di 'fornire' questo particolare reagente chimico.

tratto da un scritto di Gabriele Mazzota
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