Webinar EllePì - L'impatto del CoronaVirus sul lavoro delle donne

preview_player
Показать описание
Il presupposto fondante di tutte le democrazie moderne è il principio di uguaglianza: da esso tutti gli altri sono direttamente o indirettamente derivati. Un’uguaglianza che non si identifica semplicemente con un generale livellamento, ma che si declina - al contrario - in modo duplice: dare uguale valore alle differenze che formano l’identità di ciascuna persona e riconoscere uguale disvalore alle eccessive disuguaglianze che limiterebbero o non permetterebbero la piena realizzazione della persona. Nonostante questo principio sia piuttosto condiviso a livello teorico, ci sono settori in cui c’è ancora molta strada da fare. Uno fra tutti, quello della parità di genere nel mondo del lavoro.
Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato che il riequilibrio di genere nel lavoro a livello mondiale comporterebbe una crescita del Pil del 35% entro il 2025, ma l’emergenza da Coronavirus potrebbe cancellare i progressi fatti lungo un percorso già pieno di ostacoli.
In Italia il tasso di occupazione femminile pre-Covid era già uno dei più bassi in Europa (fermo al 49.5%), un’occupazione soprattutto concentrata nei settori meno remunerativi e, a parità di mansione, con salari inferiori rispetto a quelli degli uomini. L’emergenza, inoltre, rischia di caricare sulle spalle delle donne ulteriori compiti di cura e per molte famiglie si fa sempre più concreta la possibilità di sacrificare la retribuzione più bassa, spesso quella delle donne, per fare fronte alle esigenze familiari. Da una ricerca di Valore D condotta su oltre 1300 lavoratori e lavoratrici, dipendenti e non di multinazionali e PMI, emerge infatti, che 1 donna su 3 fa fatica a conciliare il lavoro e la vita domestica; tra gli uomini il rapporto è 1 a 5. Oltre al carico di lavoro domestico non equamente distribuito tra i sessi, infine, dobbiamo considerare che le crisi economiche hanno effetti eterogenei su uomini e donne perché la struttura del mercato del lavoro italiano li vede concentrati in settori differenti: i più colpiti dalla crisi potrebbero essere proprio quelli in cui le donne sono la maggioranza.
Questo scenario ci costringe a rivedere paradigmi culturali e organizzativi: non abbiamo forse bisogno di un nuovo welfare che faccia emergere e valorizzi quel lavoro di cura non ancora riconosciuto? Lo smartworking ha discriminato e discriminerà maggiormente le donne come è successo con il part-time involontario? Quali politiche pubbliche e aziendali dovranno essere implementate affinché vengano tutelati il diritto al lavoro e all’indipendenza economica delle donne?
In ultimo, ma non per importanza, come si può ripartire in modo sostenibile se ancora una volta le regole del gioco vengono scritte solo da una parte dei giocatori? Basti pensare alla composizione dei ben noti gruppi di lavoro strategici nati per affrontare l’emergenza: il comitato tecnico-scientifico è attualmente un organo monogenere, mentre il comitato di esperti in materia economica e sociale in origine è stato composto da sole 4 donne su 18. La campagna #datecivoce per un’equa rappresentanza di genere è riuscita nell’obiettivo di aumentare il numero di esperte, così come c’è grande fiducia nel lavoro del comitato di donne fortemente voluto dalla ministra per le Pari Opportunità e per la Famiglia Elena Bonetti per affrontare il post emergenza. Tuttavia, forse non è sufficiente. Non si tratta di una lotta tra i sessi, ma di valorizzare tutte le risorse e i punti di vista disponibili.
Рекомендации по теме