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La Germania di Tacito: la Dèa Nerto, la madre terra e la festa della pace

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Lettura da La Germania, Tacito, Utet, 1970.
«All'opposto, i Longobardi sono nobilitati dal loro numero esiguo. Circondati da molti popoli fortissimi, trovano sicurezza non nella sottomissione, ma nel battagliare e nell'arrischiare. Vengono poi i Reudigni e gli Avioni e gli Anglii e i Varini e gli Eudosi e i Suardoni e i Nuitoni, difesi da fiumi o da foreste. Nulla di notevole in ciascuno di essi, tutti indistintamente adorano Nerto, cioè la Terra madre, e ritengono che essa intervenga nelle vicende umane e scenda in mezzo ai popoli. Esiste in un'isola dell'oceano una selva sacra e in essa un carro dedicato alla Dèa, coperto da un drappo. Toccarlo è consentito solo al sacerdote. Questi riconosce la presenza della Dèa nel penetrale e la segue con molta venerazione mentre viene trainata da giovenche. Sono allora giorni lieti e festosamente adorni i luoghi ove la Dèa si degna di giungere e di venire ospitata. Non intraprendono guerre, non si impugnano armi, ogni ferro è riposto, solo allora quei barbari conoscono pace e tranquillità, soltanto allora si amano, finché il medesimo sacerdote restituisce al sacro bosco la Dèa, sazia dell'umana compagnia. Quindi il carro e il drappo che lo copre e, a quanto dicono, anche la Dèa, si lavano in un luogo appartato. L'assistono degli schiavi, che il lago stesso inghiotte subito dopo. Di qui un terrore arcano e una devota ignoranza intorno a quel mistero, che vedono soltanto i destinati a morire».
De origine et situ germanorum, cap. 40.
«All'opposto, i Longobardi sono nobilitati dal loro numero esiguo. Circondati da molti popoli fortissimi, trovano sicurezza non nella sottomissione, ma nel battagliare e nell'arrischiare. Vengono poi i Reudigni e gli Avioni e gli Anglii e i Varini e gli Eudosi e i Suardoni e i Nuitoni, difesi da fiumi o da foreste. Nulla di notevole in ciascuno di essi, tutti indistintamente adorano Nerto, cioè la Terra madre, e ritengono che essa intervenga nelle vicende umane e scenda in mezzo ai popoli. Esiste in un'isola dell'oceano una selva sacra e in essa un carro dedicato alla Dèa, coperto da un drappo. Toccarlo è consentito solo al sacerdote. Questi riconosce la presenza della Dèa nel penetrale e la segue con molta venerazione mentre viene trainata da giovenche. Sono allora giorni lieti e festosamente adorni i luoghi ove la Dèa si degna di giungere e di venire ospitata. Non intraprendono guerre, non si impugnano armi, ogni ferro è riposto, solo allora quei barbari conoscono pace e tranquillità, soltanto allora si amano, finché il medesimo sacerdote restituisce al sacro bosco la Dèa, sazia dell'umana compagnia. Quindi il carro e il drappo che lo copre e, a quanto dicono, anche la Dèa, si lavano in un luogo appartato. L'assistono degli schiavi, che il lago stesso inghiotte subito dopo. Di qui un terrore arcano e una devota ignoranza intorno a quel mistero, che vedono soltanto i destinati a morire».
De origine et situ germanorum, cap. 40.