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4. Hume: morale, religione e politica

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Chiaramente anche per la morale, Hume parte dall’esperienza vissuta, da ciò che vedeva e che ha studio nella storia dei vari popoli. L’esperienza è stato un punto di partenza importante per capire che l’uomo non è guidato dalla ragione bensì dal sentimento, dall’abitudine come abbiamo già visto nella scorsa lezione. Il sentimento è quindi la guida alla valutazione morale dell’uomo tant’è che per Hume l’uomo possiede un “gusto” morale che non può essere guidato dalla ragione ma viene guidato dai sentimenti, dalle abitudini e via dicendo. Con questo però non è che Hume cancella completamente l’intervento della ragione. La ragione interviene nel momento in cui deve dimostrare l’irragionevolezza di un determinato impulso.
Detto questo, è importante sottolineare che per Hume la morale nasce dall’utilità collettiva perché, secondo il filosofo, l’uomo è mosso da ciò che è utile per lui e per gli altri suoi simili. Infatti Hume sottolinea che l’uomo cerca ciò che può far star bene gli altri e evita ciò che fa star male gli altri. quindi la concezione di bene e male diventa che: il bene è ciò che fa felici tutti gli uomini e il male è ciò che rende infelici e miseri tutti gli uomini. La morale si basa quindi sul sentimento di “simpatia” nei confronti degli altri e di “generoso interesse” per tutta l’umanità.
La massima virtù politica è proprio l’obbedienza che consente di dare la priorità a ciò che è utile alla società. È grazie all’obbedienza che il governo rimane saldo e in vita e può perseguire l’utile del popolo. La morale è quindi vista in modo positivo da Hume perché ha come obiettivo la felicità della popolazione e non la sua sofferenza.
Passiamo ora alla religione. Hume si occupa di religione in diversi scritti tra i quali Dialoghi sulla religione naturale dove il filosofo critica le prove dell’esistenza di Dio che sono quella ontologica, quella cosmologica e quella teleologica. Hume le critica perché non si basano sull’esperienza e quindi l’esistenza di Dio è un indovinello come dice lui stesso: “Il tutto è un indovinello, un enigma, un mistero inesplicabile. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio sembrano i soli risultati delle nostre più accurate indagini intorno a questo argomento”. La religione ha quindi una base extrarazionale, che va di fuori della ragione perché nasce dalle speranze e dai timori che agitano l’essere umano e che attribuisce a causa misteriose il bene e il male che gli arriva.
Passiamo ora al pensiero politico di Hume.
Secondo Hume le due teorie opposte sull’origine del potere sono entrambe giuste e sono:
- Da un lato la teoria del diritto divino secondo cui tutto ciò che succede nel mondo è frutto di un piano della provvidenza e ciò giustifica la presenza di un sovrano così come anche di un usurpatore che prende il potere e ha un diritto divino sul popolo;
- Dall’altro lato invece abbia la teoria del contratto sociale che è appunto opposta alla teoria del diritto divino perché in questo caso non c’è un potere assoluto che ha diritto assoluto sul popolo ma c’è un contratto stipulato tra gli uomini che cercano la pace. Il problema di questa teoria è che è stata poco applicata nella pratica perché la maggior parte dei governi e degli Stati sono nati da rivoluzioni, da guerre e da prevaricazioni dove di certo il potere e l’autorità non è nato da un contratto sociale.
Inoltre, secondo Hume i doveri umani si dividono in due classi: l’istinto naturale e il senso di obbligo.
1. l’istinto naturale si attiva per alcuni doveri in cui l’uomo non è spinto dall’utilità collettiva ma dal proprio istinto come, per esempio, l’amore e la protezione per i propri figli, la gratitudine, la compassione nei confronti di persone sfortunate.
2. invece il senso di obbligo si attiva proprio quando l’uomo è spinto dall’utilità collettiva e in questo caso sono il senso di giustizia, il rispetto degli altri, l’obbedienza che abbiamo detto essere molto importante perché senza l’obbedienza non ci sarebbe una società e non ci sarebbe un governo, uno Stato.
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#filosofia #hume #laurapirotta #empirismo
Detto questo, è importante sottolineare che per Hume la morale nasce dall’utilità collettiva perché, secondo il filosofo, l’uomo è mosso da ciò che è utile per lui e per gli altri suoi simili. Infatti Hume sottolinea che l’uomo cerca ciò che può far star bene gli altri e evita ciò che fa star male gli altri. quindi la concezione di bene e male diventa che: il bene è ciò che fa felici tutti gli uomini e il male è ciò che rende infelici e miseri tutti gli uomini. La morale si basa quindi sul sentimento di “simpatia” nei confronti degli altri e di “generoso interesse” per tutta l’umanità.
La massima virtù politica è proprio l’obbedienza che consente di dare la priorità a ciò che è utile alla società. È grazie all’obbedienza che il governo rimane saldo e in vita e può perseguire l’utile del popolo. La morale è quindi vista in modo positivo da Hume perché ha come obiettivo la felicità della popolazione e non la sua sofferenza.
Passiamo ora alla religione. Hume si occupa di religione in diversi scritti tra i quali Dialoghi sulla religione naturale dove il filosofo critica le prove dell’esistenza di Dio che sono quella ontologica, quella cosmologica e quella teleologica. Hume le critica perché non si basano sull’esperienza e quindi l’esistenza di Dio è un indovinello come dice lui stesso: “Il tutto è un indovinello, un enigma, un mistero inesplicabile. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio sembrano i soli risultati delle nostre più accurate indagini intorno a questo argomento”. La religione ha quindi una base extrarazionale, che va di fuori della ragione perché nasce dalle speranze e dai timori che agitano l’essere umano e che attribuisce a causa misteriose il bene e il male che gli arriva.
Passiamo ora al pensiero politico di Hume.
Secondo Hume le due teorie opposte sull’origine del potere sono entrambe giuste e sono:
- Da un lato la teoria del diritto divino secondo cui tutto ciò che succede nel mondo è frutto di un piano della provvidenza e ciò giustifica la presenza di un sovrano così come anche di un usurpatore che prende il potere e ha un diritto divino sul popolo;
- Dall’altro lato invece abbia la teoria del contratto sociale che è appunto opposta alla teoria del diritto divino perché in questo caso non c’è un potere assoluto che ha diritto assoluto sul popolo ma c’è un contratto stipulato tra gli uomini che cercano la pace. Il problema di questa teoria è che è stata poco applicata nella pratica perché la maggior parte dei governi e degli Stati sono nati da rivoluzioni, da guerre e da prevaricazioni dove di certo il potere e l’autorità non è nato da un contratto sociale.
Inoltre, secondo Hume i doveri umani si dividono in due classi: l’istinto naturale e il senso di obbligo.
1. l’istinto naturale si attiva per alcuni doveri in cui l’uomo non è spinto dall’utilità collettiva ma dal proprio istinto come, per esempio, l’amore e la protezione per i propri figli, la gratitudine, la compassione nei confronti di persone sfortunate.
2. invece il senso di obbligo si attiva proprio quando l’uomo è spinto dall’utilità collettiva e in questo caso sono il senso di giustizia, il rispetto degli altri, l’obbedienza che abbiamo detto essere molto importante perché senza l’obbedienza non ci sarebbe una società e non ci sarebbe un governo, uno Stato.
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