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'BRIGANTI'? IL SUD LI AMA! Fatevene una ragione!

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Gli storici liberali vivono un incubo ad occhi aperti. I personaggi che hanno fatto il cd. risorgimento alla gente per lo più non piacciono, mentre i Briganti godono di grande popolarità.
La cosa per loro è insopportabile, e allora si accaniscono per far passare come un fatto criminale la grande insurrezione popolare contro l’invasione piemontese. Sanno benissimo che è una tesi antiscientifica, perché quando a comportarsi in un certo modo non è un’esigua minoranza, ma una parte consistente della popolazione, non servono più le categorie criminologiche, si deve ricorrere alla sociologia o alla politica.
La loro tesi è offensiva, perché se una guerra è criminale, un popolo che l’alimenta per dieci anni tenendo impegnato un esercito enorme deve avere per forza qualcosa che non va. E allora, in fondo, significa che danno almeno in parte ragione anche ai razzisti antimeridionali, a cominciare da Lombroso.
Così, dopo un secolo e mezzo, siamo di nuovo alle prese con una storiografia che si sposa coi pregiudizi antimeridionali.
Queste cose erano assurde già 168 anni fa, quando si secretavano le relazioni parlamentari scomode per imporre questa tesi insensata e offensiva. Da allora tutti gli osservatori e gli storici seri l’hanno abbandonata. Oggi la ripropongono, a costo di riportare indietro di oltre un secolo e mezzo la ricerca storica. Ma è più forte di loro e di chi li sponsorizza: dà proprio fastidio questa popolarità dei briganti. Che cresce nel cuore della gente del Sud.
Per sostenere questa tesi ammuffita, si affannano a elencare gli episodi di violenza da parte dei briganti. Noi potremmo fare lo stesso con quelli dei sabaudi. Secondo voi, è più grave la violenza di un guerrigliero, che non ha addestramento militare e che magari ha parenti e amici uccisi, rapiti o sotto ricatto, oppure quella di un militare di mestiere?
E poi, che s’intende per azione criminale? Per noi, è un crimine invadere con la violenza e con la corruzione uno stato libero e indipendente CONTRO LA VOLONTÀ DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLA POPOLAZIONE. Obbligare i giovani, ad arruolarsi a pena di fucilazione nell’esercito invasore per molti anni, riducendo alla fame centinaia di migliaia di famiglie, per noi è un crimine. Sfruttare i contadini e rubare le terre che a loro spettavano secondo le leggi napoletane e siciliane è un crimine. E appoggiarsi proprio a questi sfruttatori della povera gente per rovesciare il governo, per noi è un crimine.
Ma evidentemente per loro le sofferenze inflitte alla povera gente erano effetti collaterali trascurabili. Era troppo importante prendere il potere, e subito.
Non ci piace ragionare di storia in termini di criminologia, ma se c’è stata un’operazione criminale è quella fatta dal 1860 col consenso di pochi e con la violenza su molti.
Perciò per fare una scelta di campo non è essenziale sapere se eravamo più ricchi del Piemonte e nemmeno quanta gente è stata massacrata: anche se fossimo stati il paese più povero d’Italia e anche se ci avessero trattato coi guanti bianchi non avrebbero avuto il diritto di venire a comandare a casa nostra contro la volontà del nostro popolo.
Per questo gli storici col cilindro non sono seguiti dalla gente.
A cominciare dagli storici di professione pagati col denaro di tutti i cittadini, non solo dei liberali, avrebbero potuto aprire una stagione di riconciliazione, dando atto anche delle ragioni dei vinti. Invece, a volte, sembra che abbiano addosso lo stesso furore di quei notabili dell'epoca, che volevano sterminare i briganti. Per chi pone in dubbio la loro versione, riservano più che altro noncuranza e disprezzo. L’Alfiere, la prima benemerita rivista di storia “dalla parte dei vinti”, è stata tacciata di esprimere una “sub cultura”. Potremmo rispondere per le rime commentando le tante assurdità della storiografia liberale. Ma non è questa la sede. Hanno fatto di tutto per presentare la gente umile dei tempi dell’unificazione come una massa di selvaggi ignoranti e violenti. Il contrario di quello che facciamo noi, che cerchiamo di descrivere con umanità le figure che voi spesso riducete a maschere spettrali di tempi oscuri. Mentre erano i nostri padri, i nostri fratelli e sorelle, di cui siamo fieri.
Certo i nostri popolani del 1860 non rientrano negli schemi mentali di certi storici, non erano organizzati come categoria, non erano nazionalisti e nemmeno fanatici del Re, sapevano però benissimo chi minacciava la vita delle loro comunità e delle loro famiglie e chi li poteva difendere. Lo hanno capito e hanno fatto una scelta di coraggio e libertà. Il cuore nostro e del nostro popolo è ed è sempre stato con loro.
Chiedete alla gente se sta con La Marmora, che viene altezzoso a mostrare il pugno di ferro dei Savoia contro l’insorgenza popolare, o con i “briganti” a cavallo che dalle colline circostanti si mostrano a lui in segno di sfida.
La risposta che vi daranno la sapete già. E saranno sempre di più.
Fatevene una ragione.
La cosa per loro è insopportabile, e allora si accaniscono per far passare come un fatto criminale la grande insurrezione popolare contro l’invasione piemontese. Sanno benissimo che è una tesi antiscientifica, perché quando a comportarsi in un certo modo non è un’esigua minoranza, ma una parte consistente della popolazione, non servono più le categorie criminologiche, si deve ricorrere alla sociologia o alla politica.
La loro tesi è offensiva, perché se una guerra è criminale, un popolo che l’alimenta per dieci anni tenendo impegnato un esercito enorme deve avere per forza qualcosa che non va. E allora, in fondo, significa che danno almeno in parte ragione anche ai razzisti antimeridionali, a cominciare da Lombroso.
Così, dopo un secolo e mezzo, siamo di nuovo alle prese con una storiografia che si sposa coi pregiudizi antimeridionali.
Queste cose erano assurde già 168 anni fa, quando si secretavano le relazioni parlamentari scomode per imporre questa tesi insensata e offensiva. Da allora tutti gli osservatori e gli storici seri l’hanno abbandonata. Oggi la ripropongono, a costo di riportare indietro di oltre un secolo e mezzo la ricerca storica. Ma è più forte di loro e di chi li sponsorizza: dà proprio fastidio questa popolarità dei briganti. Che cresce nel cuore della gente del Sud.
Per sostenere questa tesi ammuffita, si affannano a elencare gli episodi di violenza da parte dei briganti. Noi potremmo fare lo stesso con quelli dei sabaudi. Secondo voi, è più grave la violenza di un guerrigliero, che non ha addestramento militare e che magari ha parenti e amici uccisi, rapiti o sotto ricatto, oppure quella di un militare di mestiere?
E poi, che s’intende per azione criminale? Per noi, è un crimine invadere con la violenza e con la corruzione uno stato libero e indipendente CONTRO LA VOLONTÀ DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DELLA POPOLAZIONE. Obbligare i giovani, ad arruolarsi a pena di fucilazione nell’esercito invasore per molti anni, riducendo alla fame centinaia di migliaia di famiglie, per noi è un crimine. Sfruttare i contadini e rubare le terre che a loro spettavano secondo le leggi napoletane e siciliane è un crimine. E appoggiarsi proprio a questi sfruttatori della povera gente per rovesciare il governo, per noi è un crimine.
Ma evidentemente per loro le sofferenze inflitte alla povera gente erano effetti collaterali trascurabili. Era troppo importante prendere il potere, e subito.
Non ci piace ragionare di storia in termini di criminologia, ma se c’è stata un’operazione criminale è quella fatta dal 1860 col consenso di pochi e con la violenza su molti.
Perciò per fare una scelta di campo non è essenziale sapere se eravamo più ricchi del Piemonte e nemmeno quanta gente è stata massacrata: anche se fossimo stati il paese più povero d’Italia e anche se ci avessero trattato coi guanti bianchi non avrebbero avuto il diritto di venire a comandare a casa nostra contro la volontà del nostro popolo.
Per questo gli storici col cilindro non sono seguiti dalla gente.
A cominciare dagli storici di professione pagati col denaro di tutti i cittadini, non solo dei liberali, avrebbero potuto aprire una stagione di riconciliazione, dando atto anche delle ragioni dei vinti. Invece, a volte, sembra che abbiano addosso lo stesso furore di quei notabili dell'epoca, che volevano sterminare i briganti. Per chi pone in dubbio la loro versione, riservano più che altro noncuranza e disprezzo. L’Alfiere, la prima benemerita rivista di storia “dalla parte dei vinti”, è stata tacciata di esprimere una “sub cultura”. Potremmo rispondere per le rime commentando le tante assurdità della storiografia liberale. Ma non è questa la sede. Hanno fatto di tutto per presentare la gente umile dei tempi dell’unificazione come una massa di selvaggi ignoranti e violenti. Il contrario di quello che facciamo noi, che cerchiamo di descrivere con umanità le figure che voi spesso riducete a maschere spettrali di tempi oscuri. Mentre erano i nostri padri, i nostri fratelli e sorelle, di cui siamo fieri.
Certo i nostri popolani del 1860 non rientrano negli schemi mentali di certi storici, non erano organizzati come categoria, non erano nazionalisti e nemmeno fanatici del Re, sapevano però benissimo chi minacciava la vita delle loro comunità e delle loro famiglie e chi li poteva difendere. Lo hanno capito e hanno fatto una scelta di coraggio e libertà. Il cuore nostro e del nostro popolo è ed è sempre stato con loro.
Chiedete alla gente se sta con La Marmora, che viene altezzoso a mostrare il pugno di ferro dei Savoia contro l’insorgenza popolare, o con i “briganti” a cavallo che dalle colline circostanti si mostrano a lui in segno di sfida.
La risposta che vi daranno la sapete già. E saranno sempre di più.
Fatevene una ragione.
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