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Tutela della salute e dell’identità di genere con Jiska Ristori, Alessandra Fischer e Matteo Marconi
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Pochi screening oncologici, tasso di depressione fino a dieci volte più alto rispetto alla popolazione generale e attività fisica molto carente. Sono queste le principali problematiche che minano la salute e il benessere della popolazione transgender.
Di questi argomenti si è parlato in occasione della conferenza "Science for Peace and Health" dal titolo "SONO, SEI, È Prospettive della scienza su sesso, genere, identità" l'11 novembre 2022. Il dottor Matteo Marconi, ricercatore del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci aiuta a capire i punti fondamentali di un’azione sanitaria mirata basata, prima di tutto, sull’inclusione.
Quali sono le difficoltà maggiori per la popolazione transgender?
«I dati preliminari di uno studio recentemente concluso dall’Istituto Superiore di Sanità, come già anticipato dalla collega Marina Pierdominici (in un'intervista pubblicata a giugno su questa testata, ndr), rilevano una significativa difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari, in particolare agli screening oncologici, con un 46% della popolazione transgender che riferisce di sentirsi discriminata. Soltanto il 20% delle persone assegnate femmina alla nascita esegue il pap-test, mentre soffre di depressione circa il 40% delle persone transgender, con picchi del 60% nella popolazione non binaria. Si tratta di quelle persone la cui identità di genere non si conforma alla concezione binaria (uomo/donna) del genere. Anche il livello di inattività fisica è molto alto: il 60% dei soggetti del campione analizzato riferisce di non svolgere attività fisica».
Quali sono i motivi della bassa aderenza agli screening preventivi?
«Per le persone che hanno fatto il cambio anagrafico esistono delle difficoltà burocratiche. Le persone assegnate femmina alla nascita, una volta effettuato il cambio risulteranno uomini e dunque potranno incontrare difficoltà a ricevere le consuete lettere di richiamo per effettuare gli screening per il carcinoma dell’utero (pap-test) o per il carcinoma del seno, anche nel caso in cui decidessero di non sottoporsi a intervento chirurgico. Inoltre, la discriminazione genera sicuramente un riflesso sulla salute delle persone. Il minority stress, ad esempio, il cosiddetto stress delle minoranze escluse da una società alle volte ostile e discriminatoria, gioca un ruolo importante nel ritardo e nella scarsa aderenza agli screening così come la transfobia che include pregiudizio, ostilità, persecuzioni ed esclusione».
Qual è il ruolo dei medici di medicina generale?
«I medici di medicina generale, la cui formazione è lasciata per lo più all’iniziativa e alla sensibilità personale, pur svolgendo un ruolo molto importante, sperimentano spesso numerose difficoltà. La scarsità di conoscenze in tema di salute della popolazione transgender, così come l’uso di una terminologia inappropriata, rappresentano le maggiori criticità riscontrate dalle persone transgender nell’accesso ai servizi sanitari. Imbarazzo, paura dello stigma e del pregiudizio rischiano di prevalere nella popolazione transgender».
Quanto contano gli stili di vita?
«Nelle persone transgender i livelli di attività fisica, che solitamente si riducono con l’avanzare dell’età, sono molto scarsi anche tra i giovanissimi. Anche il fumo e il consumo di alcolici sono maggiori nella popolazione transgender rispetto alla popolazione generale. Le differenze riscontrate sono, anche in questo caso, correlabili a molteplici fattori tra i quali minority stress, episodi transfobici e transfobia interiorizzata che causano depressione e, conseguentemente, giocano un ruolo cruciale nella scarsa adozione di corretti stili di vita. Spogliatoi e docce condivise, ad esempio, in un contesto ostile e giudicante, possono fungere da deterrente allo svolgimento dell’attività fisica».
Come migliorare il benessere della popolazione transgender?
«Per migliorare il benessere della popolazione transgender, fisico e anche psichico, è fondamentale svolgere un lavoro di sensibilizzazione e di inclusione che, oltre all’ambito sanitario, coinvolga l’intera società: dalla scuola, alle associazioni sportive, dai datori di lavoro, a tutti i professionisti che abbiano a che fare con la salute di genere. Che la popolazione transgender abbia uno stato di salute psichica maggiormente compromesso rispetto alla popolazione generale, con alte percentuali di depressione, è ormai confermato».
Quali strumenti si possono utilizzare?
«Oltre a promuovere campagne di comunicazione e sensibilizzazione, e corsi di formazione per i professionisti che operano nell’ambito della salute, l’ISS insieme all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha creato il portale Infotrans dedicato al benessere e alla salute delle persone transgender.
Di questi argomenti si è parlato in occasione della conferenza "Science for Peace and Health" dal titolo "SONO, SEI, È Prospettive della scienza su sesso, genere, identità" l'11 novembre 2022. Il dottor Matteo Marconi, ricercatore del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci aiuta a capire i punti fondamentali di un’azione sanitaria mirata basata, prima di tutto, sull’inclusione.
Quali sono le difficoltà maggiori per la popolazione transgender?
«I dati preliminari di uno studio recentemente concluso dall’Istituto Superiore di Sanità, come già anticipato dalla collega Marina Pierdominici (in un'intervista pubblicata a giugno su questa testata, ndr), rilevano una significativa difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari, in particolare agli screening oncologici, con un 46% della popolazione transgender che riferisce di sentirsi discriminata. Soltanto il 20% delle persone assegnate femmina alla nascita esegue il pap-test, mentre soffre di depressione circa il 40% delle persone transgender, con picchi del 60% nella popolazione non binaria. Si tratta di quelle persone la cui identità di genere non si conforma alla concezione binaria (uomo/donna) del genere. Anche il livello di inattività fisica è molto alto: il 60% dei soggetti del campione analizzato riferisce di non svolgere attività fisica».
Quali sono i motivi della bassa aderenza agli screening preventivi?
«Per le persone che hanno fatto il cambio anagrafico esistono delle difficoltà burocratiche. Le persone assegnate femmina alla nascita, una volta effettuato il cambio risulteranno uomini e dunque potranno incontrare difficoltà a ricevere le consuete lettere di richiamo per effettuare gli screening per il carcinoma dell’utero (pap-test) o per il carcinoma del seno, anche nel caso in cui decidessero di non sottoporsi a intervento chirurgico. Inoltre, la discriminazione genera sicuramente un riflesso sulla salute delle persone. Il minority stress, ad esempio, il cosiddetto stress delle minoranze escluse da una società alle volte ostile e discriminatoria, gioca un ruolo importante nel ritardo e nella scarsa aderenza agli screening così come la transfobia che include pregiudizio, ostilità, persecuzioni ed esclusione».
Qual è il ruolo dei medici di medicina generale?
«I medici di medicina generale, la cui formazione è lasciata per lo più all’iniziativa e alla sensibilità personale, pur svolgendo un ruolo molto importante, sperimentano spesso numerose difficoltà. La scarsità di conoscenze in tema di salute della popolazione transgender, così come l’uso di una terminologia inappropriata, rappresentano le maggiori criticità riscontrate dalle persone transgender nell’accesso ai servizi sanitari. Imbarazzo, paura dello stigma e del pregiudizio rischiano di prevalere nella popolazione transgender».
Quanto contano gli stili di vita?
«Nelle persone transgender i livelli di attività fisica, che solitamente si riducono con l’avanzare dell’età, sono molto scarsi anche tra i giovanissimi. Anche il fumo e il consumo di alcolici sono maggiori nella popolazione transgender rispetto alla popolazione generale. Le differenze riscontrate sono, anche in questo caso, correlabili a molteplici fattori tra i quali minority stress, episodi transfobici e transfobia interiorizzata che causano depressione e, conseguentemente, giocano un ruolo cruciale nella scarsa adozione di corretti stili di vita. Spogliatoi e docce condivise, ad esempio, in un contesto ostile e giudicante, possono fungere da deterrente allo svolgimento dell’attività fisica».
Come migliorare il benessere della popolazione transgender?
«Per migliorare il benessere della popolazione transgender, fisico e anche psichico, è fondamentale svolgere un lavoro di sensibilizzazione e di inclusione che, oltre all’ambito sanitario, coinvolga l’intera società: dalla scuola, alle associazioni sportive, dai datori di lavoro, a tutti i professionisti che abbiano a che fare con la salute di genere. Che la popolazione transgender abbia uno stato di salute psichica maggiormente compromesso rispetto alla popolazione generale, con alte percentuali di depressione, è ormai confermato».
Quali strumenti si possono utilizzare?
«Oltre a promuovere campagne di comunicazione e sensibilizzazione, e corsi di formazione per i professionisti che operano nell’ambito della salute, l’ISS insieme all'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha creato il portale Infotrans dedicato al benessere e alla salute delle persone transgender.