Giovanni Boccaccio, 'La peste del 1348' (Proemio del Decameron)

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Mario Giacalone legge Giovanni Boccaccio - "La peste".
Nell'introduzione de"Il Decameron" Boccaccio, in contrasto con il tono del resto dell’opera dedicata principalmente alle “graziosissime donne”, descrive la peste che colpì Firenze (e l’Europa intera) nel 1348, concentrandosi sul degrado morale della società che l’epidemia ha portato con sé in città.
Nell’Introduzione alla prima giornata del Decameron, all’interno della cornice narrativa, Boccaccio, dopo un articolato appello alle sue lettrici, spiega che la “dolorosa ricordazione della pestifera mortalità trapassata” è la responsabile dell’“orrido cominciamento” della sua opera. In circa quaranta paragrafi, l’autore delinea il cupo e tragico panorama della città di Firenze; dopo aver ipotizzato le cause dell’epidemia Boccaccio inizia a descrivere in maniera analitica e dettagliata i primi segni della pestilenza.
Nessun medico appare in grado di curare la malattia, da una parte per la novità dei sintomi, e dall’altra - come osserva l’autore - per l’ignoranza di molti uomini che si spacciano per dottori e scienziati. Ma, più che il propagarsi del morbo, ciò che colpisce l’osservatore è la dissoluzione di ogni forma di società o di rapporto civile: c’è chi si ritira in una vita ascetica o chi invece si abbandona ai piaceri della carne e della gola, ma, con il diffondersi del contagio, vengono meno tutti i principi d’affetto o di sangue.
La compassione e la pietà verso gli appestati vengono ignorate e dimenticate: i malati sono abbandonati in casa dai loro stessi parenti; i poveri muoiono in strada senza aiuto alcuno; molti abitanti di Firenze fuggono nelle campagne per evitare il contagio; i servi si approfittano dei padroni ammalati per derubarli; e si assiste pure a funerali solitari e a sepolture in fosse comuni, segno estremo della perversione dei tempi.
Così, di fronte a questa “gran moltitudine dei corpi mostrata” e al dissesto del sistema socio-economico stravolto dalla peste, non resta che provare a ripristinare i valori dell’equilibrio e della razionalità.
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Giovanni Boccaccio (Certaldo o forse Firenze, giugno o luglio 1313 – Certaldo, 21 dicembre 1375) è stato uno scrittore e poeta italiano. Conosciuto anche per antonomasia come il Certaldese, fu una delle figure più importanti nel panorama letterario europeo del XIV secolo. Alcuni studiosi lo definiscono come il maggior prosatore europeo del suo tempo, uno scrittore versatile che amalgamò tendenze e generi letterari diversi facendoli confluire in opere originali, grazie a un'attività creativa esercitata all'insegna dello sperimentalismo.
La sua opera più celebre è il Decameron, raccolta di novelle che nei secoli successivi fu elemento determinante per la tradizione letteraria italiana, soprattutto dopo che nel XVI secolo Pietro Bembo elevò lo stile boccacciano a modello della prosa italiana. L'influenza delle opere di Boccaccio non si limitò al panorama culturale italiano ma si estese al resto dell'Europa, esercitando influsso su autori come Geoffrey Chaucer, figura chiave della letteratura inglese, o più tardi su Miguel de Cervantes, Lope de Vega e il teatro classico spagnolo.
Boccaccio, insieme a Dante Alighieri e Francesco Petrarca, fa parte delle cosiddette «Tre corone» della letteratura italiana. È inoltre ricordato per essere uno dei precursori dell'umanesimo, del quale contribuì a gettare le basi presso la città di Firenze, in concomitanza con l'attività del suo contemporaneo amico e maestro Petrarca. Fu anche colui che diede inizio alla critica e filologia dantesca: Boccaccio si dedicò a ricopiare codici della Divina Commedia e fu anche un promotore dell'opera e della figura di Dante.
Il Decamerón o Decamerone, è una raccolta di cento novelle scritta da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo, probabilmente tra il 1349 e il 1351/53 .
È considerata una delle opere più importanti della letteratura del Trecento europeo, durante il quale esercitò una vasta influenza sulle opere di altri autori, oltre che la capostipite della letteratura in prosa in volgare italiano. Boccaccio nel Decameron raffigura l'intera società del tempo, integrando l'ideale di vita aristocratico, basato sull'amor cortese, la magnanimità, la liberalità, con i valori della mercatura: l'intelligenza, l'intraprendenza, l'astuzia.
Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che per dieci giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodo imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato o comunque non adeguatamente considerato nella storia della letteratura. Il Decameron fu anche ripreso in versione cinematografica da diversi registi, tra cui Pier Paolo Pasolini e i fratelli Taviani.
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