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02 interpreti vari Strofette satiriche 1965

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«Le canzoni di protesta nate sotto il fascismo non sono quasi mai un prodotto autonomo della cultura di classe, ma parodie di canzonette di consumo o parafrasi di prodotti dell'innodia fascista, poiché i canti autonomi di classe nascono soprattutto - se non esclusivamente - nei momenti di maggior vigore rivoluzionario. Appartengono a questo filone - al cui sviluppo collaborano l'impossibilità di creazioni collettive di canti scopertamente antifascisti sul lavoro e la necessità di mascherare le parole sotto melodie non sospette - le molte parodie sull'aria di 'Giovinezza', la strofetta contro Mussolini e il carovita, spesso cantata sull'aria di 'All'armi siam fascisti', le canzonette su motivi in voga » (Cfr. 'Canzoniere del lavoro, cinquanta canzoni per la protesta operaia' a cura del Gruppo studi e ricerche del Nuovo Canzoniere Italiano, in 'Vie Nuove' del 29 aprile 1965).
'Giovinezza pé 'n tal cü' (Giovinezza scarpate nel didietro) è tra le più efficaci e immediate parafrasi dell'inno di addio alla vita goliardica scritto nel 1909 da Nino Oxilia per il testo e da Giuseppe Blanc per la musica. Il canto passò poi, con molteplici e spesso sostanziali varianti, nel repertorio della Grande Guerra (soprattutto in quello degli arditi) e, ancor prima di diventare l'inno ufficiale del Partito Nazionale Fascista, conobbe innumerevoli varianti di carattere politico. Alcuni canti sull'aria di 'Giovinezza' sono pubblicati in E. Jona, S. Liberovici, 'Canti di protesta', in 'Il Contemporaneo' n. 32 dicembre 1960-gennaio 1961.
'Benito, Benito' registrata nel Novarese ma cantata dall'informatore durante il fascismo a Cavarzere (Rovigo), è un altro canto che conobbe una grandissima diffusione lungo tutto il «ventennio»; l'abbiamo registrato in molteplici varianti di testo e di melodia nel Novarese, nel Pavese, nella Bergamasca, nel Veneto, in Emilia; E. Jona e S. Liberovici ci informano - nello studio sopra citato - che nelle Marche la canzone assumeva la forma di contrasto tra il padre e il figlio balilla. La canzone è quasi sempre sulla melodia di 'All'armi sian fascisti'.
'Duce duce il vestito mi si scuce', cantata da uno zio dell'informatrice nel 1939, è una parodia sull'aria dell'inno fascista 'Fuoco di Vesta', e allude allo stato di disagio venutosi a creare quell'anno in seguito alla restrizione nei consumi. «Il "Foglio di disposizioni" del Partito Nazionale Fascista - spiegano G. Salvatorelli e G. Mira nella 'Storia d'Italia nel periodo fascista' (Torino, Einaudi, 1956) - recò l'11 maggio del 1939 il curioso ordine rivolto "ai fascisti validi", di non bere caffè, allo scopo di "fregare quei paesi che vogliono oro in pagamento del caffè, anziché merci italiane". Ma poi il consumo del caffè fu interdetto a tutti col divieto di vendita stabilito il 31 agosto». Il caffè venne poi importato dalla Spagna, allora solida alleata dell'Italia fascista. Quanto all'accenno che la strofetta fa alle Popolari va ricordato che tali sigarette erano allora unanimemente considerate come le più scadenti. 'Fuoco di Vesta' conobbe altre parodie antifasciste: gli scolari di San Gersolé (Firenze) canterellavano recandosi a scuola: «Duce, Duce, alla fame ci conduce» e a Verona si cantava «Duce Duce pagame la luce».
'Tutte le sere 'nda in lett senza mangiar', sull'aria della notissima 'Lili Marlen' di Schultze e Leip che fornì il motivo anche ad altre strofette denuncianti le ristrettezze economiche di quegli anni, fu cantata durante la guerra in Emilia. Anche 'Rosabella sta a sentir' sarebbe già stata, secondo alcuni informatori, cantata durante la guerra, e sembra alludere anch'essa al disagio causato dalla scarsezza di generi alimentari. Secondo altri informatori risalirebbe invece all'immediato dopoguerra, quando fu probabilmente diffusa attraverso fogli volanti. E' la parodia politica di una canzone che conobbe verso quell'epoca un grande successo: 'Rosabella del Molise' di Di Lazzaro e Gianina. Il canto entrò anche nel repertorio delle risaiole e fu cantato nel Novarese e Vercellese a San Pietro Mosezzo, Granozzo e Tornaco, sul lavoro. Questa lezione proviene invece da Zogno (Bergamo) e fu cantata dall'informatrice a guerra finita.
(N. d. C. - Cesare Bermani)
'Giovinezza pé 'n tal cü' (Giovinezza scarpate nel didietro) è tra le più efficaci e immediate parafrasi dell'inno di addio alla vita goliardica scritto nel 1909 da Nino Oxilia per il testo e da Giuseppe Blanc per la musica. Il canto passò poi, con molteplici e spesso sostanziali varianti, nel repertorio della Grande Guerra (soprattutto in quello degli arditi) e, ancor prima di diventare l'inno ufficiale del Partito Nazionale Fascista, conobbe innumerevoli varianti di carattere politico. Alcuni canti sull'aria di 'Giovinezza' sono pubblicati in E. Jona, S. Liberovici, 'Canti di protesta', in 'Il Contemporaneo' n. 32 dicembre 1960-gennaio 1961.
'Benito, Benito' registrata nel Novarese ma cantata dall'informatore durante il fascismo a Cavarzere (Rovigo), è un altro canto che conobbe una grandissima diffusione lungo tutto il «ventennio»; l'abbiamo registrato in molteplici varianti di testo e di melodia nel Novarese, nel Pavese, nella Bergamasca, nel Veneto, in Emilia; E. Jona e S. Liberovici ci informano - nello studio sopra citato - che nelle Marche la canzone assumeva la forma di contrasto tra il padre e il figlio balilla. La canzone è quasi sempre sulla melodia di 'All'armi sian fascisti'.
'Duce duce il vestito mi si scuce', cantata da uno zio dell'informatrice nel 1939, è una parodia sull'aria dell'inno fascista 'Fuoco di Vesta', e allude allo stato di disagio venutosi a creare quell'anno in seguito alla restrizione nei consumi. «Il "Foglio di disposizioni" del Partito Nazionale Fascista - spiegano G. Salvatorelli e G. Mira nella 'Storia d'Italia nel periodo fascista' (Torino, Einaudi, 1956) - recò l'11 maggio del 1939 il curioso ordine rivolto "ai fascisti validi", di non bere caffè, allo scopo di "fregare quei paesi che vogliono oro in pagamento del caffè, anziché merci italiane". Ma poi il consumo del caffè fu interdetto a tutti col divieto di vendita stabilito il 31 agosto». Il caffè venne poi importato dalla Spagna, allora solida alleata dell'Italia fascista. Quanto all'accenno che la strofetta fa alle Popolari va ricordato che tali sigarette erano allora unanimemente considerate come le più scadenti. 'Fuoco di Vesta' conobbe altre parodie antifasciste: gli scolari di San Gersolé (Firenze) canterellavano recandosi a scuola: «Duce, Duce, alla fame ci conduce» e a Verona si cantava «Duce Duce pagame la luce».
'Tutte le sere 'nda in lett senza mangiar', sull'aria della notissima 'Lili Marlen' di Schultze e Leip che fornì il motivo anche ad altre strofette denuncianti le ristrettezze economiche di quegli anni, fu cantata durante la guerra in Emilia. Anche 'Rosabella sta a sentir' sarebbe già stata, secondo alcuni informatori, cantata durante la guerra, e sembra alludere anch'essa al disagio causato dalla scarsezza di generi alimentari. Secondo altri informatori risalirebbe invece all'immediato dopoguerra, quando fu probabilmente diffusa attraverso fogli volanti. E' la parodia politica di una canzone che conobbe verso quell'epoca un grande successo: 'Rosabella del Molise' di Di Lazzaro e Gianina. Il canto entrò anche nel repertorio delle risaiole e fu cantato nel Novarese e Vercellese a San Pietro Mosezzo, Granozzo e Tornaco, sul lavoro. Questa lezione proviene invece da Zogno (Bergamo) e fu cantata dall'informatrice a guerra finita.
(N. d. C. - Cesare Bermani)
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