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Madre io vorrei - Ave Maria (organo e voce)

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In occasione dell’ottantesimo anniversario del voto dei cisonesi alla Madonna delle Grazie, ho deciso di realizzare questo video. L’intento è quello di far conoscere maggiormente questo episodio della nostra storia, con la speranza che possa essere ricordato negli anni a venire.
Accompagnati dal sottofondo musicale del canto “Madre io vorrei”, eseguito all’organo Callido e con la voce di Luciana Fiorin, ripercorriamo insieme alcune tappe della processione, partendo dalla Chiesa Arcipretale di Cison fino al Tempio della Madonna delle Grazie.
Cameraman: Sophie Michelet
Drone, montaggio, organista: Marco Sasso
Il voto è collegato ad un fatto avvenuto durante la Seconda guerra mondiale, precisamente il 02/09/1944.
L’esercito tedesco seminava terrore e distruzione nelle nostre terre: i paesi bruciavano ed il cielo era coperto da una densa nube di fumo. Dopo i vicini Comuni di Pieve di Soligo e Follina, stava per giungere l’ora della devastazione anche per Cison di Valmarino, considerato rifugio per i partigiani.
Il paese era completamente blindato, le strade deserte e le case sbarrate. Molte famiglie, nel tentativo di proteggere i propri beni, avevano portato gli effetti personali nei campi lontano dal centro abitato. Gli uomini del paese ed anche i partigiani, si erano nascosti nei boschi e nelle soffitte del Castello dei Conti Brandolini, che era stato riconvertito in ospedale, con grandi croci rosse campeggianti su tetti e facciate.
Nel disperato intento di salvare il paese dalla distruzione, nove cisonesi decisero di mettere a punto un piano. I nove protagonisti della vicenda erano: il commissario prefettizio Paolo Toffolatti assieme al sagrestano e organista Arduino Pasquetti, al direttore della latteria del paese Bruno Bigliardi, assieme al suo dipendente Umberto Gola, al medico Francesco Guarnieri, al responsabile delle locali Cantine Brandolini Gioacchino Buffon, allo stradino Antonio Da Mar, al calzolaio Giovanni da Broi; accompagnati da un interprete che conosceva il tedesco Giacomo dal Moro.
Mentre i loro familiari si raccoglievano in profonda preghiera, i nove uomini si incontrarono e con l’aiuto delle suore dell’asilo del paese, realizzarono una rudimentale bandiera bianca servendosi di un lenzuolo e di un lungo bastone.
Si diressero così a piedi verso la colonna tedesca che avanzava verso il paese.
Quando i nove uomini, sventolando la bandiera, incontrarono l’esercito tedesco a Follina, i militari afferrarono il simbolo di speranza, lo distrussero e lo gettarono in un fosso.
Da questo atto scaturì una lunga e tesa discussione, che culminò in un accordo: i nove uomini garantirono con la loro vita che a Cison non erano presenti partigiani e, per questo, il paese poteva essere risparmiato dalle violenze.
I militari tedeschi decisero di verificare quanto era stato garantito, imponendo però una condizione tassativa: se anche solo un colpo d’arma fosse stato udito, anche per errore, il paese sarebbe stato raso al suolo e gli ostaggi fucilati all’istante.
La colonna di soldati si mosse lentamente, scrutando ogni dettaglio, attraversando Cison con i fucili sempre puntati contro gli ostaggi. Fortunatamente, la provvidenza fece sì che nessun colpo echeggiasse nella vallata.
Giunsero al Castello, dove si svolse un’animata discussione tra il direttore dell’ospedale e gli ufficiali tedeschi, che, distratti, non notarono una scala che conduceva alle soffitte dove alcuni partigiani si erano rifugiati.
Se fossero stati scoperti, la storia avrebbe potuto avere un finale ben più tragico.
Una volta conclusi i colloqui, i soldati lanciarono razzi di segnalazione per comunicare al comando di Follina che non avevano trovato forze nemiche e che quindi il paese poteva essere risparmiato dalla distruzione. Gli ostaggi furono tutti liberati.
Quella stessa sera giunsero in paese anche le SS: partigiani e forze naziste si trovarono quindi a pochi passi l’uno dall’altro, creando così un clima teso e instabile, clima che avrebbe potuto facilmente sfociare in ulteriore violenza. In questa circostanza, i cisonesi avvertirono un sentimento comune di affidarsi alla Madonna delle Grazie alla quale sono sempre stati devoti, come dimostra il Tempio a lei dedicato, eretto a sud del centro abitato e adiacente al cimitero del paese.
La domenica successiva, tutti i cisonesi si riunirono in chiesa arcipretale e compresero che le innumerevoli preghiere rivolte alla Vergine Maria avevano ottenuto la grazia. Riconobbero che fu un vero miracolo aver salvato l’intero paese senza spargimenti di sangue. In segno di gratitudine, venne proclamato un solenne voto: commemorare per cento anni questo evento, ricordandolo ogni anno nella seconda domenica di settembre, con una processione. Durante l’evento, la statua della Madonna delle Grazie (conosciuta anche come Pellegrina) viene portata a spalla, per le vie del paese.
Informazioni tratte dalla ricostruzione storica di Giovanni Toffolatti, figlio di Paolo Toffolatti.
Accompagnati dal sottofondo musicale del canto “Madre io vorrei”, eseguito all’organo Callido e con la voce di Luciana Fiorin, ripercorriamo insieme alcune tappe della processione, partendo dalla Chiesa Arcipretale di Cison fino al Tempio della Madonna delle Grazie.
Cameraman: Sophie Michelet
Drone, montaggio, organista: Marco Sasso
Il voto è collegato ad un fatto avvenuto durante la Seconda guerra mondiale, precisamente il 02/09/1944.
L’esercito tedesco seminava terrore e distruzione nelle nostre terre: i paesi bruciavano ed il cielo era coperto da una densa nube di fumo. Dopo i vicini Comuni di Pieve di Soligo e Follina, stava per giungere l’ora della devastazione anche per Cison di Valmarino, considerato rifugio per i partigiani.
Il paese era completamente blindato, le strade deserte e le case sbarrate. Molte famiglie, nel tentativo di proteggere i propri beni, avevano portato gli effetti personali nei campi lontano dal centro abitato. Gli uomini del paese ed anche i partigiani, si erano nascosti nei boschi e nelle soffitte del Castello dei Conti Brandolini, che era stato riconvertito in ospedale, con grandi croci rosse campeggianti su tetti e facciate.
Nel disperato intento di salvare il paese dalla distruzione, nove cisonesi decisero di mettere a punto un piano. I nove protagonisti della vicenda erano: il commissario prefettizio Paolo Toffolatti assieme al sagrestano e organista Arduino Pasquetti, al direttore della latteria del paese Bruno Bigliardi, assieme al suo dipendente Umberto Gola, al medico Francesco Guarnieri, al responsabile delle locali Cantine Brandolini Gioacchino Buffon, allo stradino Antonio Da Mar, al calzolaio Giovanni da Broi; accompagnati da un interprete che conosceva il tedesco Giacomo dal Moro.
Mentre i loro familiari si raccoglievano in profonda preghiera, i nove uomini si incontrarono e con l’aiuto delle suore dell’asilo del paese, realizzarono una rudimentale bandiera bianca servendosi di un lenzuolo e di un lungo bastone.
Si diressero così a piedi verso la colonna tedesca che avanzava verso il paese.
Quando i nove uomini, sventolando la bandiera, incontrarono l’esercito tedesco a Follina, i militari afferrarono il simbolo di speranza, lo distrussero e lo gettarono in un fosso.
Da questo atto scaturì una lunga e tesa discussione, che culminò in un accordo: i nove uomini garantirono con la loro vita che a Cison non erano presenti partigiani e, per questo, il paese poteva essere risparmiato dalle violenze.
I militari tedeschi decisero di verificare quanto era stato garantito, imponendo però una condizione tassativa: se anche solo un colpo d’arma fosse stato udito, anche per errore, il paese sarebbe stato raso al suolo e gli ostaggi fucilati all’istante.
La colonna di soldati si mosse lentamente, scrutando ogni dettaglio, attraversando Cison con i fucili sempre puntati contro gli ostaggi. Fortunatamente, la provvidenza fece sì che nessun colpo echeggiasse nella vallata.
Giunsero al Castello, dove si svolse un’animata discussione tra il direttore dell’ospedale e gli ufficiali tedeschi, che, distratti, non notarono una scala che conduceva alle soffitte dove alcuni partigiani si erano rifugiati.
Se fossero stati scoperti, la storia avrebbe potuto avere un finale ben più tragico.
Una volta conclusi i colloqui, i soldati lanciarono razzi di segnalazione per comunicare al comando di Follina che non avevano trovato forze nemiche e che quindi il paese poteva essere risparmiato dalla distruzione. Gli ostaggi furono tutti liberati.
Quella stessa sera giunsero in paese anche le SS: partigiani e forze naziste si trovarono quindi a pochi passi l’uno dall’altro, creando così un clima teso e instabile, clima che avrebbe potuto facilmente sfociare in ulteriore violenza. In questa circostanza, i cisonesi avvertirono un sentimento comune di affidarsi alla Madonna delle Grazie alla quale sono sempre stati devoti, come dimostra il Tempio a lei dedicato, eretto a sud del centro abitato e adiacente al cimitero del paese.
La domenica successiva, tutti i cisonesi si riunirono in chiesa arcipretale e compresero che le innumerevoli preghiere rivolte alla Vergine Maria avevano ottenuto la grazia. Riconobbero che fu un vero miracolo aver salvato l’intero paese senza spargimenti di sangue. In segno di gratitudine, venne proclamato un solenne voto: commemorare per cento anni questo evento, ricordandolo ogni anno nella seconda domenica di settembre, con una processione. Durante l’evento, la statua della Madonna delle Grazie (conosciuta anche come Pellegrina) viene portata a spalla, per le vie del paese.
Informazioni tratte dalla ricostruzione storica di Giovanni Toffolatti, figlio di Paolo Toffolatti.
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