Il nostro Vinitaly in tre minuti e sei parole-chiave

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VERONA - Enoturismo, crisi dei rossi, dealcolati, autoctoni, varietà reliquie e affinamenti speciali. Sono alcune delle parole d'ordine dell'edizione numero 56 di Vinitaly che va in archivio oggi dopo quattro intense giornate che come ogni anno abbiamo provato a raccontarvi dal nostro punto di vista. Con impegno e sacrificio da parte di tutta la redazione, in presenza e con supporto tecnico anche da remoto, ma anche con grande soddisfazione e diverse gratificazioni da parte innanzitutto dei lettori.

Ogni regione ha portato la sua personale espressione della produzione vinicola di un'Italia ricca di biodiversità, dai vitigni autoctoni più celebri alle riscoperte - come il progetto di recupero delle varietà reliquie in atto in Sicilia - passando per la rinascita del primitivo in Puglia, fino ai nuovi mercati che si aprono.

Un Vinitaly di ascolto, che ha fatto registrare probabilmente meno presenze ma quelle giuste: così, almeno, a detta di molti produttori che tornano a casa con contatti importanti e fruttuosi e che dimostrano la piena salute del più importante evento internazionale del vino che, per forza di cose, è sempre frutto di dibattito.

Un salone in cui oramai è chiaro che bisogna arrivare preparati: chi lo fa, programmando incontri b2b, porta a casa i risultati sperati, diversamente da chi ancora crede che sia sufficiente esserci e che dal transito del pubblico possa nascere qualcosa.

E che rivela il valore dell'enoturismo, che secondo la prima indagine risultato del protocollo d'intesa tra Ismea e Aite, l'Associazione italiana turismo enogastronomico, coinvolge 13,4 milioni di enoturisti italiani, il 64,5% dei viaggiatori, rappresentando un'attrazione anche per gli stranieri, americani e europei in particolare.

Un'occasione anche per approfondire gli affinamenti speciali, a partire da quelli in anfora - trend del momento - fino a quelli sotto l'acqua del mare, e celebrare traguardi come quello del Consorzio Collio che festeggia i primi sessant'anni.

Dall'Abruzzo, infine, parola d'ordine spumante: ha debuttato il Trabocco Abruzzo doc, marchio collettivo che mira a valorizzare gli spumanti prodotti con metodo italiano da uve autoctone quali Passerina, Pecorino, Trebbiano, Montonico, Cococciola e Montepulciano d’Abruzzo, caratterizzate da alta acidità e bassa gradazione, due qualità che donano eccellenti basi spumanti. Un prodotto immesso sul mercato da quattro aziende – Vinco, Casal Thaulero, Citra e Legonziano, a cui si stanno aggiungendo altre cantine – che affermano di aver avuto già ottimi riscontri dal mercato.
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