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L’ECONOMIA del VENTENNIO FASCISTA

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L’Italia sta cambiando, la rivoluzione fascista vuole scuotere fin dalle fondamenta lo stato liberale italiano. E non c’è modo migliore di cambiare una nazione che riformando la sua economia: questa è la terza via del Duce. L’idea alla base dell’economia nell’Italia fascista può essere riassunta in una sola parola: corporativismo. In ottica moderna il fascismo unisce idee del sindacalismo rivoluzionario e del nazionalismo creando il presupposto per un’economia gestita sia dagli imprenditori che dai lavoratori, divisi in settori di produzione. Sulla carta il corporativismo può essere una nuova risposta ai limiti delle politiche economiche viste nel capitalismo di stampo americano e nel comunismo sovietico. A parte l’esperienza del corporativismo, il fascismo agisce sulla linea dell’economia liberista, almeno dal 1922 al 1925. Questa politica porta ad un aumento della produzione ma ha anche numerosi lati negativi: più inflazione, più deficit e il collasso della lira. Il Duce si impegna in una grande campagna propagandistica: la battaglia del grano. L’obiettivo dichiarato della battaglia è il raggiungimento dell’autosufficienza nel settore dei cereali. L’autarchia è, a livello economico, la capacità dello stato di mantenere l’economia attiva anche senza scambi con altri Paesi; un’idea classica dei regimi totalitari. La guerra economica però, è appena iniziata: nell’agosto del 1926 il Duce in persona annuncia la nuova battaglia, questa volta per il bene della Lira: quota 90. Nonostante i dubbi di alcuni economisti, iniziano le riforme per raggiungere quota 90: il credito è drasticamente ridotto, vengono tagliate spese, ristrutturati i debiti e vengono presi cospicui prestiti dalle grandi banche statunitensi. Negli anni ‘30 la penisola si riempie di monumenti, strade, ferrovie, edifici pubblici, stazioni; le grandi città d’Italia vengono “risanate” per fare spazio alla nuova edilizia fascista. Il risanamento è un simbolo della rivoluzione fascista e del cambiamento; al risanamento urbano per il regime deve seguire anche quello territoriale: è tempo di bonificare. Sullo sfondo delle bonifiche pontine il sistema bancario è un altro settore che ha bisogno di essere salvato. In particolare la Banca Commerciale e il Credito Italiano che, in seguito a investimenti rovinosi, stanno cadendo a pezzi. Per salvare le banche il regime decide di intervenire creando nel 1931 l'Imi, Istituto mobiliare italiano, con l’obiettivo di sostituire le banche non più in grado di finanziare le industrie in difficoltà di cui sono spesso azionisti di maggioranza. Questa vuole essere, per il regime, una soluzione temporanea ma purtroppo per il Duce la situazione si complica: nessun privato vuole rilevare e privatizzare di nuovo le imprese. Quello che il fascismo ha appena creato è uno stato-imprenditore e banchiere ma, a differenza di uno stato comunista come l’URSS, i gruppi privati continuano ad espandersi e sono ben felici di vedere come lo stato si sta assumendo tutti i costi della crisi.
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00:00 - Il Corporativismo
01:09 - La Battaglia del Grano
02:27 - L'Autarchia
03:00 - Quota 90
04:04 - La crisi del 29
04:47 - Bonifiche e Risanamenti
05:37 - IRI e IMI
07:28 - Politica di riarmo
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Una produzione Specter Film Collective
STARRING: Francesco Furesi, Pietro Iacopo Benzi
DIREZIONE ARTISTICA: Francesco Furesi
SCENEGGIATURA: Pietro Iacopo Benzi, Francesco Furesi
CONTENUTI STORICI: Pietro Iacopo Benzi
FOTOGRAFIA: Alessandro Panzeri
AUDIO PRESA DIRETTA: Edoardo Conti
MONTAGGIO: Francesco Furesi
MOTION DESIGN: Francesco Furesi, Mattia Rossetti
STOCK FOOTAGE: Pietro Iacopo Benzi
COPERTINA: Edoardo Conti
SOUND DESIGN & MIX: Andrea Romani
PRODUZIONE: Caterina Scalfi
SOCIAL MEDIA MANAGER: Fulvio Matera
L’Italia sta cambiando, la rivoluzione fascista vuole scuotere fin dalle fondamenta lo stato liberale italiano. E non c’è modo migliore di cambiare una nazione che riformando la sua economia: questa è la terza via del Duce. L’idea alla base dell’economia nell’Italia fascista può essere riassunta in una sola parola: corporativismo. In ottica moderna il fascismo unisce idee del sindacalismo rivoluzionario e del nazionalismo creando il presupposto per un’economia gestita sia dagli imprenditori che dai lavoratori, divisi in settori di produzione. Sulla carta il corporativismo può essere una nuova risposta ai limiti delle politiche economiche viste nel capitalismo di stampo americano e nel comunismo sovietico. A parte l’esperienza del corporativismo, il fascismo agisce sulla linea dell’economia liberista, almeno dal 1922 al 1925. Questa politica porta ad un aumento della produzione ma ha anche numerosi lati negativi: più inflazione, più deficit e il collasso della lira. Il Duce si impegna in una grande campagna propagandistica: la battaglia del grano. L’obiettivo dichiarato della battaglia è il raggiungimento dell’autosufficienza nel settore dei cereali. L’autarchia è, a livello economico, la capacità dello stato di mantenere l’economia attiva anche senza scambi con altri Paesi; un’idea classica dei regimi totalitari. La guerra economica però, è appena iniziata: nell’agosto del 1926 il Duce in persona annuncia la nuova battaglia, questa volta per il bene della Lira: quota 90. Nonostante i dubbi di alcuni economisti, iniziano le riforme per raggiungere quota 90: il credito è drasticamente ridotto, vengono tagliate spese, ristrutturati i debiti e vengono presi cospicui prestiti dalle grandi banche statunitensi. Negli anni ‘30 la penisola si riempie di monumenti, strade, ferrovie, edifici pubblici, stazioni; le grandi città d’Italia vengono “risanate” per fare spazio alla nuova edilizia fascista. Il risanamento è un simbolo della rivoluzione fascista e del cambiamento; al risanamento urbano per il regime deve seguire anche quello territoriale: è tempo di bonificare. Sullo sfondo delle bonifiche pontine il sistema bancario è un altro settore che ha bisogno di essere salvato. In particolare la Banca Commerciale e il Credito Italiano che, in seguito a investimenti rovinosi, stanno cadendo a pezzi. Per salvare le banche il regime decide di intervenire creando nel 1931 l'Imi, Istituto mobiliare italiano, con l’obiettivo di sostituire le banche non più in grado di finanziare le industrie in difficoltà di cui sono spesso azionisti di maggioranza. Questa vuole essere, per il regime, una soluzione temporanea ma purtroppo per il Duce la situazione si complica: nessun privato vuole rilevare e privatizzare di nuovo le imprese. Quello che il fascismo ha appena creato è uno stato-imprenditore e banchiere ma, a differenza di uno stato comunista come l’URSS, i gruppi privati continuano ad espandersi e sono ben felici di vedere come lo stato si sta assumendo tutti i costi della crisi.
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00:00 - Il Corporativismo
01:09 - La Battaglia del Grano
02:27 - L'Autarchia
03:00 - Quota 90
04:04 - La crisi del 29
04:47 - Bonifiche e Risanamenti
05:37 - IRI e IMI
07:28 - Politica di riarmo
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Una produzione Specter Film Collective
STARRING: Francesco Furesi, Pietro Iacopo Benzi
DIREZIONE ARTISTICA: Francesco Furesi
SCENEGGIATURA: Pietro Iacopo Benzi, Francesco Furesi
CONTENUTI STORICI: Pietro Iacopo Benzi
FOTOGRAFIA: Alessandro Panzeri
AUDIO PRESA DIRETTA: Edoardo Conti
MONTAGGIO: Francesco Furesi
MOTION DESIGN: Francesco Furesi, Mattia Rossetti
STOCK FOOTAGE: Pietro Iacopo Benzi
COPERTINA: Edoardo Conti
SOUND DESIGN & MIX: Andrea Romani
PRODUZIONE: Caterina Scalfi
SOCIAL MEDIA MANAGER: Fulvio Matera
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